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Roma: Professionista in Ucraina, Badante in Italia

Le nostre badanti sono tutte professioniste, arrivano da ogni Paese del mondo, abbiamo persone che nel loro Paese d’origine svolgevano lavori completamente diversi, addirittura ad un livello di dirigenza.

La storia al giorno d’oggi ci porta ad avere molto personale ucraino anche a Roma, soprattutto donne che scappano dalla guerra e che arrivano in Italia a fare le badanti.

Ecco una di queste storie:

Liliana 56 anni faceva l’infermiera ai civili feriti dalle esplosioni russe.

Giorno e notte in emergenza a curare uomini, donne e bambini colpiti all’improvviso all’interno delle loro abitazioni.

Abitava a Charkiv e un giorno anche la sua abitazione è stata colpita:

«Finestre rotte, stanze distrutte, era diventato impossibile restare a vivere dentro la nostra casa».

Così Liliana insieme al figlio e al marito va a vivere sottoterra, nella stazione della metropolitana insieme a tanti altri sfollati.

«Sono rimasta tre mesi in quelle condizioni, è stato terribile, avevamo poco da mangiare, indossavamo sempre il giubbotto anti proiettile».

Ma ancora più terribile è stato il giorno in cui ha perso suo marito:

«Lui stava tornando a casa per raccogliere alcune cose e sono arrivati i russi con i carri armati, sparavano dappertutto, hanno centrato in pieno il palazzo, lui non ce l’ha fatta a sopravvivere».

Piange ancora Liliana.

Oggi vive a Prato e fa la badante a un signore anziano.

Sta imparando velocemente l’italiano, studia tutti i giorni sul cellulare. Ogni giorno impara una parola nuova.

Ha grinta da vendere.

Pensa a suo marito che non c’è più, ricorda quelle ore drammatiche:

«È stato impossibile perfino portarlo al cimitero perché le persone morte sotto le esplosioni non sono integre, tutti quei morti li hanno seppelliti in una fossa comune, quando tornerò in Ucraina non avrò neppure una tomba su cui piangere mio marito».

Adesso suo figlio di 30 anni è in guerra nel battaglione di Azov.

Ogni giorno Liliana prega per lui:

«Non so esattamente dove si trovi in questo momento».

L’ha salutato prima di partire per l’Europa.

Ricorda quei giorni, nove ore di pullman dalla sua città fino al confine con la Polonia:

«Poi ho dormito tre giorni dentro uno stadio allestito per i profughi».

Infine il viaggio in pullman stavolta direzione Italia.

Prima Napoli dove c’era una comunità di amici, poi la Toscana dove ha trovato lavoro:

«In Ucraina ero infermiera e quindi la badante è un lavoro che so fare bene».

In due mesi ha ottenuto il permesso di soggiorno:

«La vita è dura ma cerco di essere felice perché ho un tetto sotto il quale vivere, un posto letto, il pane tutti i giorni, durante la guerra ho dormito nella metropolitana e non avevamo tutte questi confort».

 

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A Roma la Storia di Elma, Badante Convivente dalla Georgia

A volte ci piace raccontare anche a Roma le storie delle badanti, le avvicina alla gente, le fa conoscere a tutte le famiglie che nel bene e nel male si trovano ad aver bisogno di una badante.

Rende le badanti vicine, le rende persone che cercano un lavoro, con una storia che a volte viene dimenticata perché vediamo soltanto la badante al lavoro.

Questa è la storia di una ragazza di Kutaisi, cittadina capoluogo dell’Imerezia.

Elma lavora in Italia come badante e domestica dal 2005, quando ha sostituito la madre che era partita qualche anno prima di lei per le stesse necessità.

Quando ha lasciato il suo paese aveva due figlie di 10 e 12 anni.

Da allora li ha sempre visti crescere da lontano, tornando qualche volta all’anno per brevi periodi.

Ha lavorato con diverse persone Elma, ultima la signora con un nome strano per Elma, mai sentito e che le ha fatto tenerezza, Bambina.

La sig.ra Bambina si è ammalata, come tanti anziani, dopo una caduta e la rottura del femore.

La malattia non l’ha sconfitta ma l’ha debilitata al punto di non poter più camminare ed essere autonoma.

Elma tutti i giorni la accudisce, la lava, le prepara da mangiare e le due donne ora sono unite da un rapporto d’amicizia e intesa.

Elma a differenza di molte concittadine è cattolica, così come la sua famiglia.

Ogni sera, da qualche tempo, chiama suo marito e recitano il rosario per telefono.

Pregano soprattutto per le vite delle loro figlie e per le loro famiglie.

Il cellulare diventa così un oggetto fondamentale che li aiuta a mantenere stretta la loro relazione.

Alla domanda come ti senti? Elma risponde:

“Mi sembra di vivere divisa tra due cieli. Trascorro serenamente le mie giornate, mi prendo cura di Bambina e la faccio ridere, ma il mio cuore piange e grida a distanza. Le cure di una persona anziana, soprattutto quando non è autonoma, richiedono quasi tutta la mia attenzione durante il giorno lasciandomi solo poche ore per poter comunicare con i miei cari.”

Qual è la difficoltà maggiore nella quale ti sei trovata lavorando come badante ?

«Bisogna imparare a proteggersi dalla sofferenza che vedi ogni giorno, altrimenti non reggi. C’è tanto dolore, in certi momenti troppo. Qualcuno mi ha chiesto di aiutarlo a farla finita. Ricordo un anziano farmacista che mi suggeriva di fargli una puntura di insulina nella pancia, dove non si sarebbe mai visto e non mi avrebbero mai potuto accusare di niente. Non me la sono mai sentita, ma qualche volta il pensiero mi ha sfiorato…».

Cosa hai imparato dai tuoi pazienti, cara Elma?

«Mi hanno insegnato la dignità. Nel dolore hanno sempre mantenuto una certa compostezza. Qualcuno, pur soffrendo, aveva anche la forza di scherzare».

 

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La Badante e il Credo a Roma

Un libro può essere una delle scelte migliori per conoscere qualcosa:

Aes Domicilio come casa editrice ha raccontato la badante e la famiglia per aiutare entrambe le figure ad entrare una nel mondo dell’altra.

Anche a Roma nel mondo del lavoro, e soprattutto nel mondo delle badanti, si affronta molto spesso il fattore “fede”.

A livello di diritto internazionale si è affrontato il tema del “lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici, un lavoro invisibile, particolarmente esposto a discriminazione e in molti posti anche alla violazione dei diritti umani”.

Questa convenzione impone agli Stati di intervenire per prevenire fenomeni come la “tratta di esseri umani, l’eliminazione del lavoro forzato, e la protezione dei bambini e delle famiglie dei migranti”.

Tra i diritti umani c’è, naturalmente, quello alla libertà di professare la propria fede e non importa se sia o meno scritto in qualche codicillo è uno dei più fondamentali diritti umani.

Ci sono badanti che, pur dichiarandosi appartenenti a una ben precisa religione comune nel paese d’origine, non professano e non ne sentono il bisogno se non in occasione delle festività più importanti.

Ce ne sono altre che, pur nel disagio di vivere con una famiglia del tutto diversa dalla loro, sentono il desiderio o il bisogno di mantenere viva la loro fede ogni giorno, il loro spazio di preghiera o meditazione.

Non importa se l’anziano o la famiglia siano di un credo diverso o siano del tutto non praticanti, o addirittura atei: la persona che accudisce l’anziano ha il diritto al mantenere la sua fede quale che sia.

Quali sono le più comuni religioni del grande popolo delle badanti?

Dipende prima di tutto dal paese di provenienza ma possiamo vedere che, per la massima parte, le badanti dei paesi dell’Est Europa sono perlopiù cristiane ottodosse, con diverse sfumature, quali la Chiesa Ortodossa Rumena, Russa, Serba, Bulgara, Ucraina ma Orientali”.

In generale, sono perlopiù definite “Chiese Ortodosse Autocefale”

Le badanti Estoni o Lettoni saranno, probabilmente, di confessione protestante.

Per quanto riguarda le badanti filippine possono essere buddiste, musulmane, ma più spesso cristiane di confessione cattolica o evangelica, mentre dai vari paesi sudamericani arrivano per la massima parte badanti di confessione cattolica, anche se in parte fusa con tradizioni precedenti alla colonizzazione, che creano delle colorate variazioni sul tema (si pensi alla Testa dei Morti Messicana di origine Azteca).

In ogni caso sarà sempre assolutamente importante il rispetto reciproco per la fede dell’altro, quale che sia… o non sia.

Per quanto si possa essere di diverse confessioni o credo non significa che non si possa pregare o meditare insieme creando un ulteriore connessione tra badante, assistito, famiglia.

Aes Domicilio coglie l’occasione del suo primo manuale per far conoscere com’è realmente il mondo della badante.

Il manuale è acquistabile direttamente dal sito Aes domicilio.

 

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Il Natale a Casa dell’Anziano e della Badante a Roma

Anche a Roma il Natale è ormai alla porte e rappresenta per molti il periodo più bello dell’anno, l’atmosfera si riempie di magia con gli addobbi, i regali, le luci e si respira ovunque aria di gioia e allegria.

La tradizione di questo periodo richiede molta organizzazione per destreggiarsi tra i regali, le visite dei parenti, i menù delle feste, tanto che, per dare spazio a tutto questo ci si dimentica che il vero significato del Natale è racchiuso nell’affetto sincero e incondizionato della famiglia.

Gli anziani sono l’essenza delle nostre radici familiari e rappresentano il punto di riferimento di questa festività ma può capitare che in queste occasioni le loro esigenze e bisogni passino in secondo piano.

Per loro, il Natale è vissuto da un lato come un momento di gioia e orgoglio nell’avere riunita la famiglia, dall’altro come un evento che può portare a malinconia per il passato.

Se l’anziano è quotidianamente seguito da una badante è bene coinvolgere anche questa persona nelle celebrazioni.

La badante rappresenta per l’anziano un punto fisso, una fonte di sicurezza a cui rivolgersi in caso di bisogno, oltre a essere a tutti gli effetti parte integrante della famiglia.

Cosa può fare la badante per aiutare un anziano a vivere al meglio le feste, ecco alcuni pratici consigli che una badante è bene che impari:

  • Cercare di ascoltare e osservare la persona di cui ci si prende cura per capire ciò che lo disturba, lo rende triste e malinconico
  • cercare di farlo partecipare nei limiti possibili alla preparazione della festa
  • condividere ricette tradizionali dei Paesi d’origine e preparare insieme dei biscotti
  • aiutare ad aggiungere tocchi decorativi alla casa preparando semplici addobbi insieme

La cosa più importante, rimane trascorrere del tempo con un anziano per farlo sentire amato e incluso.

Guardare le foto di famiglia, rivedere dei vecchi filmati, ascoltare della musica natalizia o semplicemente preparare la tavola e piegare la biancheria insieme, è un modo per coinvolgere l’anziano e farlo sentire utile.

Indipendentemente da ciò che si decide di fare, il solo farlo insieme è un regalo prezioso.

 

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A Roma la Storia di Abigail : il Mio Natale

Buon Natale!

Anche a Roma raccontiamo la storia di Abigail:

Tutti si baciano e si scambiano abbracci, e le bollicine di spumante gorgogliano nei calici stretti della festa mentre Abigail, in una casa di un paese in provincia di Trieste, accarezza i capelli spenti di nonna Pia.

Abigail fa parte di quella schiera di badanti straniere che sono arrivate a popolare l’Italia.

Le badanti che vengono accudire anziani e ammalati che sono un fardello troppo pesante sulle spalle degli italiani e invece pesano meno sulle spalle di chi nel proprio paese vive nel bisogno.

Le badanti provengono anche dalla Georgia, terra piena di contraddizioni: bellissima e povera, amabile e ostile.

Le riconosci dagli abiti scoordinati eppure dignitosi, dall’accento incerto, ma soprattutto da quella luce sbiadita che lampeggia negli occhi di tutti coloro che hanno il corpo da una parte e il cuore dall’altra.

La festa va avanti e Abigail, in un angolo, scorre alcune foto sul suo cellulare.
Mostra un video di Tbilisi, capitale della Georgia, con le sue strade che sono una perfetta sintesi tra Oriente e Occidente, gli edifici storici di grandissimo fascino, le fiabesche case colorate della città vecchia.

Mostra con fierezza la fotografia della sua nipotina, due anni, avvolta in un cappello di lana rosa inviato solo qualche settimana prima dall’Italia, in un pacco stracolmo di tanti altri doni usati: cinture, pantaloni, guanti che erano di chi non li vuole più.
E ripensa al suo Natale Abigail, che in Georgia la comunità ortodossa festeggia il 6 gennaio, mentre gli italiani stanno celebrando l’Epifania.

E con il pensiero va alla sua famiglia, che scarterà i regali di Natale sotto un abete la sera del 31 dicembre, per il Capodanno.

Questo racconto vuole essere un augurio sincero per tutte le badanti che arrivano da lontano, che entrano a far parte delle nostre famiglie e vivono con noi le nostre tradizioni, rintanando le proprie in un angolino del cuore.

 

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A Roma una Storia dalla Colombia, parla la Badante Carmen Luz

A roma raccontiamo la storia di Carmen, una badante colombiana.

 

Mi chiamo Carmen Luz e ho 35 anni, appena compiuti.

Sono arrivata in Italia un paio di anni fa, ma non era la prima volta.

Ero già stata qui altre quattro volte, altrettante volte ero ritornata a casa.

Rientravo nel mio paese ogni volta che finiva il lavoro.
La prima volta che sono venuta in Italia avevo 25 anni, li ho compiuti qui e sono rimasta per tre anni. 

Vengo dalla Colombia sono sposata da 15 anni .
Sto bene qui, vado d’accordo con le persone con cui vivo ed è stato così ogni volta.

Però la mancanza delle persone a cui voglio bene è sempre forte.

Questa cosa non cambia mai, non mi sono mai abituata.

È così per tutte le donne straniere che come me fanno le badanti, non solo per me.

 

Il mio lavoro è più o meno uguale tutti i giorni:

  • Ogni giorno ho tre ore libere, nel fine settimana sono libera la domenica.
  • Nelle ore libere incontro le mie amiche, alcune sono anche mie compaesane e abitano vicino a dove lavoro e vivo. 
  • Mangiamo assieme un gelato oppure facciamo un giro nel parco o andiamo al centro commerciale a fare qualche piccolo acquisto.
  • Delle volte, nel tempo libero, faccio qualche altro lavoretto, come andare a stirare per qualche ora.
  • Riesco a mettere da parte quasi tutto lo stipendio.

 

La prima volta che sono venuta in Italia, sono partita dalla Colombia perché, dopo che mi ero sposata, servivano i soldi per finire di ristrutturare la casa.

Da noi la figlia minore, quando si sposa, resta nella casa con i genitori per prendersene cura quando saranno vecchi.

Però la nostra casa era troppo piccola, così abbiamo dovuto creare lo spazio per me e per mio marito.

Il sistema di cura in Italia si è ormai accomodato su questa posizione: delega alle famiglie e quindi alle badanti, prevedendo quando possibile un sussidio economico a copertura parziale della spesa.

E poi penso alla contraddizione che la presenza in famiglia di una badante implica: scegliere di lasciare invecchiare in casa i propri genitori anziani implica la rottura di altri legami familiari, quelli tra le badanti e i loro cari.

Rotture o lunghe separazioni che creano ferite interiori profonde.

Carmen Luz mi sembra serena e in grado di gestire gli effetti di queste contraddizioni, anche se la sofferenza di sua figlia non ha prezzo.

 

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Roma, la Guerra in Ucraina, parla la Badante

Raccontiamo anche a Roma la storia di Myroslava, una badante ucraina.

Myroslava 50 anni, corporatura robusta, capelli sempre raccolti, icone di madonne sul suo comodino oltre ad un komboskini (corda di preghiera simile ad un rosario), vive in Italia da circa 20 anni.

Fa la badante di due anziani a Grosseto.

Venne in Italia alla fine del 2000, illegalmente, con l’aiuto di un’amica che era già in Italia da qualche anno e lavorava come cameriera presso una famiglia di avvocati di Grosseto, tramite quest’ultimi, era riuscita ad ottenere il permesso di soggiorno.
Ha iniziato ad occuparsi dell’anziana madre dell’avvocato, facendo la badante.

Myrislava era una infermiera di un ospedale di Leopoli.
La sua famiglia viveva una vita molto agiata, ma con la bancarotta russa, tutto cambiò, ed ormai, non avevano più nulla del loro piccolo impero familiare.

Poi il tam-tam di altre donne che avevano lasciato la famiglia, per tentare la fortuna venendo a lavorare in Italia.

Da allora Myrislava ha fatto la badante per diverse famiglie, i suoi datori di lavoro anziani morivano e lei poi si trasferiva da altri.

Lavori presi con il passaparola o con le associazioni.
Myrosalva mantiene sua madre e le paga tutte le cure, privatamente, perché dice:

“Io ho i soldi, pago tutto, l’Ucraina non è come Italia, da noi è tutto a pagamento”.

Manda soldi anche alla famiglia della sorella e a quella del fratello , oltre ai tanti nipoti figli dei fratelli:

“Io mando sempre qualche soldo a ognuno di loro, ne hanno bisogno, io no”.

Con i soldi che ha guadagnato in questi anni di lavoro come badante ha potuto comprarsi un terreno, dove ha costruito la sua casa e poi anche la casa del fratello.

Dalle parole di Myroslava simili a quelle di tante altre che sono venute in Italia a fare le badanti in questi 30 anni, sembra proprio che a mandare avanti le famiglie siano state loro: le donne.

Gli uomini di famiglia vengono spesso descritti come alcolizzati, violenti, buoni a nulla.

Che sia vero o falso, queste donne così lo percepiscono e poco fanno affidamento sull’altro sesso.

Myroslava afferma:

“mio fratello è un egoista, spende tanti soldi, ma io lo aiuto comunque. Che devo fare?”.

Sono consapevoli – ognuna di loro – che stare in Italia, o in qualsiasi altro paese d’Europa, dove i diritti sono rispettati e il welfare garantito, è un privilegio, ma stare lontani da casa

“è un sacrificio che ‘questi’ uomini non avrebbero mai fatto”.

Ora sta ritornando a casa in Ucraina.

In tempo di guerra, lascia l’Italia, posto sicuro con il suo lavoro di badante, perché deve prendersi cura della sua vecchia madre che ha bisogno di lei.

Myrosalva ha passato le sue settimane e i suoi giorni in Italia a fare pulizie e assistere anziani come badante, per poter portare con sé quanto più denaro possibile.

 

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Roma, chi erano le Badanti prima di Diventare Badanti, la Storia di Maris

Anche a Roma raccontiamo la storia di Maris.

Maris ha 30 anni quando si trasferisce in Italia dall’Ecuador:

« Ho raggiunto mio marito Ector che era arrivato poco prima di me, poiché aveva dei parenti a Roma »

Non è tra le più rosee la situazione di Maris e Ector:

«Vivevamo a Quito, la sua città. Lui lavorava in una fabbrica di tessuti, il suo padrone era italiano; io in un ufficio come segretaria. Imparai a utilizzare il pc e anche a parlare inglese. Sono sempre stata una persona curiosa, anche se non ho potuto studiare».

Maris ci racconta un po’ la sua adolescenza:

«Sono cresciuta con due donne, la nonna e la bisnonna, e forse è per questo che sostengo le famiglie non tradizionali. Ho un ricordo bellissimo della mia bisnonna, si chiamava Rosa. Era molto buona, tranquilla, quando penso a lei provo una sensazione di pace. Teneva le treccine nascoste, le legava sopra la fronte e le copriva. Cuciva i piumini di lana, ed era una musicista. Mia mamma era una ribelle, la nonna l’aveva mandata a studiare in una scuola alberghiera, aveva 17 anni quando conobbe mio padre».

È il 2003 quando Maris raggiunge suo marito a Roma, non sapeva molto dell’Italia, conosceva il Papa e l’enorme ricchezza culturale del Paese, ma niente sulla quotidianità.

Tuttavia trova subito lavoro come donna delle pulizie, e ciò che la stupisce è quanto le famiglie si fidassero, dopo averla conosciuta.

Dopo qualche anno Maris riesce a portare anche Juan, suo figlio di 3 anni che era rimasto in Ecuador.

Maris un giorno fa qualche incontro fortunato:

«Per una famiglia andavo a fare la spesa in un fruttivendolo in centro e un giorno chiesi mezzo chilo di uova, la commessa mi domandò se la stavo prendendo in giro, ovviamente intendevo di uva. Da lì siamo diventate amiche e in seguito mi ha anche preso a lavorare. Quando è nato il mio secondo figlio David, ed ero a casa, Maria, la signora del negozio, veniva a casa a portarmi la frutta e la verdura. Io non chiedevo niente, ma lei lo sapeva che non ce la passavamo benissimo, è stata un angelo».

Grazie a Maria, Maris inizia a lavorare per la signora Anna, dove lavora tuttora.

«Prima c’era anche suo marito, il signore che mi aiutò con le traduzioni, che purtroppo è morto. La signora Anna mi chiama ‘la governante’, perché lei è una signorina di 85 anni e non ha bisogno di una badante. Con lei ogni giorno è una lezione diversa. Faceva la maestra e così ricevo gratuitamente tanti insegnamenti sulla storia, sull’arte, sulla vita».

 

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Roma, Storia di una Badante: Adelina

Parla con noi  oggi a Roma una badante che ci racconta la sua esperienza e la sua storia.

«Sono arrivata in Italia nel 2010 inizialmente a Chieti dove ho raggiunto una cugina e poi, grazie a un’amica, ho trovato un posto come badante a Pescara. Ci sono andata perché si guadagnava di più, ma è stato un periodo veramente difficile. La signora mi sgridava se mangiavo un frutto o mi fermavo qualche minuto davanti alla televisione. Ci sono rimasta per otto mesi, non sapevo parlare italiano, non sapevo andare in bicicletta. Andavo a prendere l’acqua al pozzo, ma non mi sono spaventata, perché io sono una contadina, una gran lavoratrice».

Adelina, 53 anni, di BaiaMare, Romania, prima di arrivare in Italia lavorava come cuoca, fino a quando, a causa di problemi dell’azienda, viene licenziata ed entra in disoccupazione.

Adelina ha un figlio ed ecco perché decide di lasciare il suo paese:

« Volevo che mio figlio continuasse a studiare ed era difficile per me trovare un altro lavoro. Nel mio paese è abbastanza comune decidere di andare via per mantenere la famiglia. Si parte per disperazione, perché non c’è altra scelta. Non sai che cosa troverai, non conosci la lingua, ma lo fai lo stesso. Non c’è altra scelta».

La famiglia rumena di Adelina è semplice :

«Si viveva bene durante il comunismo. Tutti avevano un lavoro, nessuno stava per strada senza far niente. Non c’era tanto cibo, solo quello che potevi prendere con i ticket: un litro di olio al mese, due pani al giorno, un salame».

Quando arriva in Italia, lascia a casa suo figlio e la madre.

Inizia a lavorare per la signora Mariapia, di Teramo:

«La signora aveva 90 anni quando iniziai, e pensavo che non sarei rimasta molto. Nel mio paese le persone muoiono presto, e invece siamo rimaste insieme per 7 anni».

Presto si crea un rapporto di affetto tra le due:

«Prima mi considerava come una figlia.Ti voglio adottare” mi ripeteva. Era una persona fantastica. La portavo al parco e lei si metteva sempre a cantare. »

Infine trova lavoro a casa della signora Gerolama, di 85 anni, di Ascoli Piceno dove risiede tuttora:

«Qui mi trovo benissimo, è come stare con la mia famiglia. Le sue figlie sono come le mie sorelle. Loro vivono in altre città, ogni tanto ci vengono a trovare. Si fidano di me, sono io a gestire tutto e con la signora non ci sono problemi, anche se lei sta peggiorando. Alla fine, però poi tornerò a casa, a badare alla mia mamma. Ho voglia di tornare, ho passato una vita a prendermi cura degli altri. »

 

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Cosa fare a Roma per assumere in regola una badante

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A Roma sono sempre di più le famiglie che ricorrono ai servizi di una badante, per questo motivo è importante sapere come muoversi quando bisogna assumere di questa figura.

«Le badanti sono lavoratori subordinati (cioè sottoposti agli ordini e comandi del proprio datore di lavoro) che vengono assunti al fine di provvedere al funzionamento e gestione della vita familiare. Il lavoratore, pertanto, dovrà ben avere chiaro il soggetto che lo assume (il datore di lavoro) e il luogo di lavoro dove vengono eseguite le prestazioni (ad esempio, la casa familiare).

Il lavoratore domestico o la badante convivente possono essere assunti a tempo determinato o indeterminato. L’orario di lavoro può avere diverse varianti a secondo degli accordi tra le parti e a secondo se il rapporto di lavoro è previsto con o senza convivenza. Dopo gli accordi e le intese verbali, le parti “dovrebbero“ stipulare un contratto di lavoro per badante e badante convivente scritto contenente gli accordi presi (orario, giorni della settimana, mansioni, 13, ferie, festività, permessi, giorno di riposo, straordinario e, infine, il TFR).

Successivamente il datore di lavoro dovrà comunicare all’INPS l’instaurato rapporto. Tale adempimento potrà essere assunto anche dal proprio patronato di fiducia o dal proprio Commercialista. L’INPS, ricevuta la comunicazione, invierà al datore di lavoro modelli MAV per il pagamento dei contributi (in base al periodo e orario denunciato). In caso di infortunio del lavoratore durante lo svolgimento delle proprie mansioni, posta l’effettiva regolarizzazione con l’INPS, interverrà in favore del lavoratore sia esso Istituto che l’INAIL.

Alla fine del rapporto di lavoro, prescindendo se esso fosse stato regolarizzato o meno (rapporto in nero), al lavoratore spetta sempre e comunque il pagamento del TFR (liquidazione finale). E’ buona norma, alla fine della conclusione di un rapporto di lavoro, che le parti definiscano e concludano il loro rapporto sottoscrivendo un accordo bonario. Una volta che esso accordo sarà firmato dalle parti, i rapporti si riterranno definiti e conclusi e nessuno delle parti potrà mai più richiedere null’altro. Esso accordo prevede la presenza obbligatoria dei sindacati di categoria (parte datoriale e lavoratore).»