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Roma, le Badanti e il Covid nel 2023

Quelli del Covid sono giorni che sconvolgono tutte le attività quotidiane comprese quelle dei collaboratori domestici anche a Roma.

Con l’obbligo di evitare spostamenti e il relativo divieto di uscire di casa le famiglie e i lavoratori domestici si trovano a dover fare i conti con una gestione del lavoro che improvvisamente cambia.

Ad esempio, come regolarsi con la badante convivente e le sue ore giorni di permesso? 

Il datore di lavoro può imporre la continuità del lavoro anche oltre il solito orario?

Si può imporre al lavoratore di recarsi al lavoro nonostante l’invito sia, per tutti, di limitare al massimo gli spostamenti a meno di cause urgenti?

O, al contrario, se la badante non convivente vuole venire a lavorare, possiamo opporci?

Ecco cosa può succedere.

Sospensione del lavoro:

  • Se non è necessaria la prestazione si richiede ai datori di lavoro domestico un grande senso di responsabilità, lasciando a casa i propri collaboratori e continuando a pagare, laddove possibile, la retribuzione mensile
  • Se invece è la badante a volersi recare al lavoro contro il parere della famiglia se non si trova un accordo (possibilmente scritto), onde evitare il licenziamento, si può ricorrere alle ferie – anche anticipandole se il lavoratore non le avesse ancora maturate

Al momento non ci sono ammortizzatori sociali per queste categorie di lavoratori (compresa la cassa Integrazione).

Se il rapporto di lavoro domestico prevede la convivenza sia il datore di lavoro che il lavoratore devono avere il buon senso di attenersi alle regole dettate dal Governo per il rispetto di tutti i presenti in casa.

Questo significa che si deve evitare in ogni modo di uscire di casa.

Ad ogni modo, il datore di lavoro non può impedire al lavoratore di uscire, poiché né il datore di lavoro né il lavoratore può limitare la libertà dell’altro.

Se non si è d’accordo su scelte o abitudini, per non rischiare il contagio si consiglia di interrompere il rapporto di lavoro per giusta causa (o consigliare alla badante dimettersi in ferie).

La badante può continuare a svolgere alcune commissioni strettamente necessarie, come fare la spesa o recarsi in farmacia per acquistare farmaci.

Come per tutte le altre persone per le commissioni bisogna munirsi di autocertificazione che ne indica il motivo, es. acquisto farmaci o spesa, per evitare di incorrere in sanzioni in caso di controlli.

Mantenere sempre la giusta distanza durante le file di attesa.

 

AES DOMICILIO seleziona badanti ad hoc, molto competenti, soprattutto ha un vasto ventaglio di scelte tra “badante ad ore”, “badante h24”, o “badante di notte”.

 

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La Roma delle badanti di Aes Domicilio

In Italia è necessario provvedere  a potenziare il sistema di assistenza domiciliare, altrimenti chi ne farà le spese saranno soprattutto, e ancora una volta, le persone più anziane.

Aes Domicilio, associazione che offre servizi di ricerca, selezione, somministrazione di assistenti familiari, più comunemente chiamati badanti, lo ben sa. Occorre prendere atto che, in un Paese che è ad oggi il più anziano d’Europa, la valorizzazione del ruolo delle badanti deve essere messo al centro dell’attenzione istituzionale.

Aes Domicilio è attiva sul fronte selezione di assistenti familiari, e ha la possibilità di osservare quanto l’impegno per arginare la cronica mancanza di badanti sia l’unica via per contrastare le difficoltà della popolazione che diventa sempre più anziana.

Tra l’altro in questo periodo di Covid, è stato messo a dura prova il sistema di sostegno agli anziani fragili: l’impreparazione davanti a un fenomeno tanto disastroso è in parte comprensibile, ma resta un enorme problema di “improvvisazione” nell’affrontare il tema degli anziani in Italia.

Dove stanno oggi gli anziani non autosufficienti? Aes Domicilio ha fatto un riepilogo;  il 10% in RSA o simili, un altro 10% in semi residenziale (si recano in una struttura solo di giorno), il 27% gode di un’assistenza domiciliare e, il 53% con le rispettive famiglie, da sole o con l’aiuto delle badanti.

Aes Domicilio, associazione specializzata nell’assistenza familiare, si pone come obiettivo quello di lavorare in prima persona a fianco delle famiglie e dell’assistente familiare per creare un rapporto di armonia e fiducia da cui non si può prescindere, soprattutto quando la quotidianità e la salute di un proprio caro è nelle mani di una persona estranea alla famiglia.

Vuoi sapere quanto costa una badante? Contattaci! Con Aes Domicilio siamo attivi in tutta la Regione Lazio e in particolare nella città metropolitana di Roma (badante Roma). Siamo presenti con i nostri partner in franchising anche in Lombardia ed in particolare nelle province di Milano (badante Milano) se cerchi Badanti a Milano, Badante Monza, Badante Como, Badante Lecco.

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“O il green passa o la vita!”: la fuga delle badanti a Roma

Dal 15 ottobre alcuni anziani o persone in difficoltà rischiano di ritrovarsi senza più assistenza domiciliare da un giorno all’altro. Ci sono assistenti familiari in regola e che per vari motivi hanno deciso di non vaccinarsi che si troveranno davanti ad un bivio: o si vaccinano, o non potranno più lavorare.

La fase è definita “molto caotica” da sindacati e caf. I telefoni in queste ore sono bollenti, con i centralini subissati da lavoratrici e lavoratori domestici che cercano di capire che ne sarà del loro impiego. Sono quasi 21mila i lavoratori e le lavoratrici domestiche in regione. Parliamo di quelle in regola, ovviamente, perché si stima quelle irregolari siano almeno il 30-50% in più. Siamo in una fase ancora interlocutoria, ma i nodi dovrebbero venire al pettine tra una decina di giorni.

Un’agenzia di Udine ci dice che in molte sono già tornate a casa, anche se in un paio di casi qualcuna è tornata sui suoi passi perché aveva bisogno di lavorare. Nessuna famiglia sembra disposta a sobbarcarsi il costo dei tamponi per chi non si vuole vaccinare, e sulle famiglie dovrebbe gravare l’onere dei controlli, pena sanzioni. Come spesso accade di questi tempi, tutti – agenzie, caf, sindacati, lavoratori e lavoratrici – restano in attesa di chiarimenti da parte del governo.

Dal 15 ottobre per decreto del governo le – colf, badanti, babysitter – dovranno avere il green pass come tutti gli altri lavoratori. Lo stipendio medio per chi è in regola è di 1100 euro, incluso TFR e 13esima, con costo totale lordo per famiglia sui 1.300euro.

Il lockdown ha parzialmente favorito l’emersione di questo tipo di lavoro: era infatti necessario mettersi in regola per potersi spostare liberamente per motivi di lavoro.

Il cosiddetto decreto rilancio nel 2020 ha contribuito ad un’ulteriore regolarizzazione di queste categorie. In Friuli Venezia Giulia c’è poi la peculiarità del lavoro transfrontaliero: qualche migliaio le persone impiegate nelle nostre case che ogni giorno vengono da Slovenia e Croazia, stima il sindacato UIL. Il settore è in grande espansione, con l’invecchiare della popolazione, e queste figure non svolgono un ruolo solamente assistenziale, ma sempre più centrale in tante famiglie.

Se molti nuclei familiari durante la pandemia hanno allontanato per paura del contagio qualche collaboratore o collaboratrice, con conseguente perdita di lavoro, ora da mesi chiedono solamente colf e badanti con vaccino.

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Roma, si va verso l’obbligatorietà dei vaccini alle badanti?

Parla di “enorme vuoto legislativo” l’immunologa Antonella Viola, che lancia un appello affinché anche per queste categorie professionali, come già per gli operatori sanitari e delle Rsa, sia esteso l’obbligo vaccinale e la certificazione verde per lavorare.

Dall’immunologa Antonella Viola arriva un appello affinché obbligo vaccinale e green pass valgano anche per badanti e colf che si occupano delle persone più fragili.

Con un post su Facebook, Viola ha puntato il dito contro uno dei paradossi su cui si è concentrata l’attenzione negli ultimi giorni, ossia la questione del green pass per colf e badanti: per queste categorie professionali infatti non esiste al momento alcun obbligo di vaccinazione né di esibire il green pass ai datori di lavoro. Viola mette in guardia contro quello che definisce “un enorme vuoto legislativo” sul tema della vaccinazione “nelle persone che operano nelle case di migliaia di italiani, spesso prendendosi cura proprio dei più fragili”. Denuncia l’immunologa dell’università di Padova su Facebook: “Mentre gli operatori sanitari e delle Rsa sono giustamente obbligati alla vaccinazione, il personale delle agenzie che si occupano della cura (badanti e colf) non solo non è tenuto a vaccinarsi, ma non ha neppure l’obbligo di green pass per lavorare. Nessun controllo è previsto per queste categorie e mi sono stati segnalati diversi casi di anziani contagiati attraverso i badanti”.

“Le famiglie sono impotenti – osserva – perché si sentono rispondere dalle agenzie che la legge non lo richiede”. Da Viola infine arriva un appello “affinché l’obbligo vaccinale o il Green pass sia esteso anche a queste categorie di lavoratori, che entrano ogni giorno nelle case degli italiani e sono a contatto con pazienti anziani e malati”.

Tra i lavoratori domestici censiti dall’Inps (circa due milioni), 437mila prestano assistenza ad anziani e a persone non autosufficienti, per età o per patologia, anche in regime di convivenza (badanti conviventi o colf conviventi). “Il problema è che la questione riguarda un rapporto tra privati, quindi non è facile da gestire”, ha dichiarato nelle scorse settimane il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa.

Su questo tema era intervenuto anche Andrea Zini, presidente di Assindatcolf (Associazione dei datori di lavoro domestico): “La nostra posizione su green pass e vaccini è abbastanza netta. In caso di rapporto diretto, non intermediato da agenzie, le famiglie hanno tutto il diritto di pretendere la vaccinazione anti covid dal lavoratore da assumere o da quello già in servizio, vista la tipologia delle mansioni svolte e i rischi specifici che possono derivare per il datore e per i suoi familiari. Altrimenti – aveva chiarito Zini -, se il lavoratore non vuole vaccinarsi o rinnovare il green pass quando necessario, nel settore domestico è possibile sciogliere il rapporto di lavoro in modo libero, senza alcuna giustificazione”.

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Roma, badante in malattia per coronavirus? Cosa dice la legge

In base a quanto stabilito dal DPCM del 17 marzo 2020 all’art. 26 in merito alla malattia coronavirus colf e badanti, per i lavoratori costretti a quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria (in quanto risultati positivi al covid-19 o in condizioni sanitarie di rischio), tale periodo di quarantena è equiparato al ricovero ospedaliero, ovvero alla malattia ordinaria e quindi retribuito.

Per i periodi di quarantena il medico curante dovrà redigere il certificato di malattia con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena stessa, sia che la quarantena sia soltanto preventiva, che per effettivo contagio. Una volta ricevuto tale certificato medico, il datore di lavoro potrà indicare nell’inserimento mensile la causale MC di Malattia covid-19 per TUTTI i giorni di calendario compresi nel certificato, siano essi giorni lavorativi, non lavorativi o domeniche.

 Il periodo di malattia indicato con MC non dovrà essere conteggiato ai fini della conservazione del posto di lavoro quindi non é possibile licenziare la collaboratrice in malattia covid. Il datore di lavoro potrà fare richiesta all’ente previdenziale affinché le spese a suo carico per il periodo di malattia da covid-19 siano sostenute dallo Stato.

Per sostenere tali oneri, lo Stato rispetterà il limite massimo di spesa di 130 milioni di euro per il 2020; una volta raggiunto il limite di spesa prestabilito, gli enti previdenziali non prenderanno in considerazione ulteriori domande. Non sono ancora state rese note le modalità per effettuare la richiesta all’ente previdenziale; siamo in attesa di ulteriori specifiche nella legge di conversione o in successivi provvedimenti normativi.

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La Famiglia di Roma puó Obbligare la Badante a Vaccinarsi?

La Famiglia di Roma puó Obbligare la Badante a Vaccinarsi?

La domanda che dà il titolo al nostro intervento è una domanda ormai frequentissima da ascoltare per chi vive il mondo delle badanti. Anche a Roma.

L’arrivo di Settembre segna per molte famiglie di Roma, con la ripresa della scuola e delle attività extrascolastiche, ove possibili, il momento di ricerca di una baby sitter per i figli. Per queste figure, però, a differenza che per le insegnanti, non c’è alcun obbligo di green pass, né di vaccinazione anti-Covid.

I lavoratori domestici di Roma – badanti, colf e baby sitter – non hanno avuto alcuna corsia preferenziale nelle vaccinazioni e hanno dovuto prenotarle man mano che si apriva la possibilità di accedere, nelle Regioni, per le varie fasce di età. Si tratta di una platea di due milioni di lavoratori, al servizio delle famiglie: 920.722 sono in regola, ovvero iscritti all’Inps, gli altri si stima che lavorino in nero.

Tra i lavoratori censiti dall’Inps, 437mila prestano assistenza ad anziani e persone non autosufficienti, per età o per patologia, anche in regime di convivenza.

Per questo l’associazione datoriale Assindatcolf consiglia alle famiglie di inserire nei nuovi contratti di lavoro la disponibilità dei domestici a vaccinarsi contro il Covid (o la validità del green pass) come condizione necessaria per l’assunzione, soprattutto nel caso di assistenza a persone fragili.

Vuoi sapere quanto costa una badante?

«Non si mette in dubbio la libertà dei singoli di vaccinarsi o meno – spiega il presidente di Assindatcolf Andrea Zini -. Le famiglie, però, hanno tutto il diritto di pretendere la vaccinazione anti-Covid dal lavoratore da assumere o da quello già in servizio, vista la tipologia delle mansioni svolte e i rischi specifici che possono derivare per il datore e per i suoi familiari. Altrimenti – conclude Zini – se il lavoratore non vuole vaccinarsi o rinnovare il green pass quando necessario, nel settore domestico è possibile il recesso ad nutum, cioè la possibilità di sciogliere il rapporto di lavoro in modo libero, senza alcuna giustificazione».

Il 38,2% dei lavoratori domestici arriva dall’Est Europa: «In alcuni casi – spiega ancora il presidente di Assindatcolf Andrea Zini – i lavoratori dell’Est sono rientrati in patria dopo la prima ondata della pandemia e hanno fatto il vaccino Sputnik, che però non è riconosciuto dall’Ema e non dà diritto al green pass. Il datore di lavoro domestico può chiedere a questi lavoratori una traduzione giurata della certificazione vaccinale».

Appare invece risolto, secondo Assindatcolf, il problema di accesso al vaccino anti-Covid che era emerso nei mesi scorsi per molti dei 176mila lavoratori domestici extracomunitari coinvolti dalla sanatoria 2020 e in attesa del permesso di soggiorno. Essendo provvisori, il codice fiscale e la tessera sanitaria rilasciati in attesa della conclusione della procedura non erano riconosciuti dai portali di prenotazione dei vaccini in diverse Regioni. Solo un problema tecnico che è stato, poi, risolto.

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Badanti no vax a Roma? Attenzione.

Badante no-vax anche a Roma? Attenzione alla legalità.
È giusto che una badante che assiste un anziano fragile non autosufficiente rifiuti di vaccinarsi contro il Covid?

Al di là della questione meramente ideologica (nella quale volutamente non vogliamo entrare) è indubbio che ne esista un’altra, ancora più urgente, che ha a che fare con l’incolumità delle persone più a rischio e con la sicurezza della privata abitazione.

Se l’obiettivo resta quello di tutelare le categorie più fragili, appare allora evidente come il tema del lavoro domestico non possa essere più lasciato indietro, come invece avvenuto in questi mesi. La discussione sull’obbligatorietà del vaccino anti Covid e sul Green pass per alcune categorie di lavoratori, a cominciare da quelli impiegati nella sanità e nelle residenze sanitarie, deve necessariamente comprendere l’assistenza a 360 gradi, e quindi anche quella che viene svolta a domicilio. Stiamo parlando di circa 2 milioni di lavoratori, nella maggior parte dei casi impiegati in nero, senza contratto o, quando stranieri non comunitari, anche senza un regolare permesso di soggiorno. In attesa (o nell’auspicio) che il governo faccia la sua parte: siamo stati costretti a mettere in campo un piano B. L’idea è quella di inserire nei nuovi contratti di assunzione una specifica clausola che punti ad attestare la volontà dell’assistente familiare, colf, badante convivente o baby sitter, a vaccinarsi o a garantire il possesso di un green pass valido.

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La stessa cosa può essere fatta modificando i contratti di assunzione nei rapporti di lavoro già in essere. Al momento si tratta dell’unica soluzione valida per tutelare le famiglie nelle quali vivono persone fragili, le stesse che in questi mesi, numerosissime, ci hanno contattato per chiedere indicazioni su come gestire il rapporto di lavoro divenuto ‘problematico’ con il proprio domestico che non intendeva vaccinarsi.

Ricordiamo che nella maggior parte dei casi di assistenza a persone non autosufficienti non è possibile garantire il distanziamento o imporre l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. In tutte queste situazioni, che sono molto comuni, la vaccinazione è l’unico strumento per abbattere concretamente il rischio di trasmissione del virus e per tutelare datore e lavoratore.

Infine, qualora la volontà del domestico a non vaccinarsi (con tutti i rischi a essa connessa) rappresenti motivo di mancata fiducia, condizione sulla quale necessariamente deve basarsi un rapporto di lavoro domestico, ricordiamo che è sempre possibile interrompere il contratto in qualsiasi momento e procedere con il licenziamento del lavoratore, ovviamente nel rispetto del periodo di preavviso previsto.

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Bonus per gli anziani a Roma: un contributo per pagare la badante

Per tutti i cittadini non autosufficienti che necessitano dell’aiuto di figure di sostegno come badanti e colf, arriva il rimborso di 300 euro mensili messo a disposizione per compensare, almeno in parte, le spese affrontate per provvedere agli stipendi. Si parla di un massimo di 3.600 euro all’anno. Previsto, inoltre, un ulteriore contributo di 300 euro per l’assunzione di un sostituto in caso di maternità del professionista che si occupa della persona non autosufficiente.

Queste, dunque, le principali misure introdotte lo scorso primo luglio da CassaColf, lo strumento che il Contratto collettivo nazionale del lavoro domestico (sottoscritto da Domina, Fidaldo, Filcams Cgil, Fisascat Cisl, UILTuCS e Federcolf) ha costituito per fornire prestazioni e servizi a favore di lavoratori e datori di lavoro iscritti. I nuovi aiuti andranno ad aggiungersi a quel pacchetto di prestazioni e servizi già garantiti da CassaColf.

A beneficiarne, tutti quei lavoratori e datori di lavoro che possiedono un regolare contratto e che non hanno mancato di versare i contributi obbligatori previsti dall’accordo collettivo. Dallo scorso 1° luglio è operativo il nuovo regolamento di CassaColf, che introduce importanti aiuti rivolti ai datori di lavoro domestico: quelli più fragili che si trovano a fare i conti con una condizione permanente di non autosufficienza e quelli che, in caso di maternità dell’assistente familiare, devono ricorrere a un sostituto e lo fanno con regolare contratto. Un incentivo a chi sceglie la strada della regolarità.

In caso di non autosufficienza permanente e certificata il rimborso previsto è di 300 euro al mese per un massimo di 12 mesi consecutivi, per un totale di 3.600 euro, spiegano da CassaColf. In caso di assunzione di un sostituto che vada a prendere temporaneamente il posto del lavoratore titolare costretto a ritirarsi per maternità, il sussidio sarà di 300 euro, una tantum, per ogni professionista assunto in sostituzione. Per ottenere gli aiuti, il richiedente dovrà aver versato almeno un anno di contributi alla Cassa.

Oltre ai sussidi, il pacchetto di prestazioni Covid per gli assistenti familiari risultati positivi è stato prorogato fino al 31 ottobre 2021. In particolare, si legge nel comunicato, è prevista “indennità giornaliera da 100 euro per un massimo di 50 giorni l’anno in caso di ricovero in strutture ospedaliere; indennità giornaliera da 30 euro per un massimo di 10 giorni l’anno in caso di isolamento domiciliare a prescindere dal ricovero ospedaliero a seguito di positività al Covid-19; indennità giornaliera per i figli a carico, da 40 euro, per un massimo di 14 giorni; rimborsi fino a 200 euro per l’acquisto di materiale sanitario e fino a 100 euro per visite domiciliari di personale medico o infermieristico”.

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La tessera sanitaria e le badanti straniere a Roma

Gli italiani da qualche anno stanno facendo fatica a star dietro alle innumerevoli adempienze burocratiche: letteralmente sommersi da pec, spid, identità digitale, e quant’altro – sta diventando davvero impossibile poter dire “come ci chiamiamo” e “dove siamo nati”.

Sembra che la digitalizzazione anziché facilitare questi processi, abbia solo creato dei nuovi problemi, problemi di altro tipo, ma pur sempre problemi.

E proprio nelle ultime ore si sta discutendo dell’ingorgo burocratico creatosi a seguito della «tessera sanitaria»; infatti per accedere alla vaccinazione è necessario possederne una; e se il/la badante convivente è straniero/a il tutto può creare un intoppo di non poco conto. Eppure loro, i badanti extracomunitari, si prendono cura delle persone più fragili, anche rispetto al Covid.

Contro cui fanno fatica a difendersi, considerato che moltissime badanti ad ore o badanti di condominio, ma anche colf, ancora non riescono a prenotarsi per le vaccinazioni. Perché tanti sono sprovvisti di tessera sanitaria, fondamentale per poter accedere alle prenotazioni anche nel portale della Regione Lazio, che richiede, oltre al codice fiscale, anche «le ultime 13 cifre del codice numerico (Team) posto sul retro della tessera sanitaria».

Anche se in tutta Italia gli oltre 700mila immigrati da Paesi extra Ue è rilasciato il tesserino “Stranieri temporaneamente presenti” (Stp), che dovrebbe garantire l’accesso alle prestazioni sanitarie urgenti o essenziali, proprio come le vaccinazioni. «L’Stp – come ha spiegato l’Istituto Nazionale salute, migrazioni e povertà (Inmp) – viene infatti rilasciato agli immigrati irregolari con più di tre mesi di presenza in Italia ma anche a chi ha fatto richiesta di asilo ma non ha ancora i documenti, come le badanti in attesa di regolarizzazione. Però le piattaforme regionali per le prenotazioni del vaccino Covid non prevedono l’accesso in assenza del codice fiscale e del numero di tessera sanitaria. Dunque, pur avendo diritto alla vaccinazione, in pratica queste persone non possono accedervi.

Al momento, solo la piattaforma informatica dell’Emilia-Romagna prevede l’inserimento dei codici Stp, Eni e permessi di soggiorno temporanei – ha rimarcato l’Inmp – È presente, quindi, un elemento di iniquità nell’accesso al servizio vaccinale. Il rischio è quello che si crei una bolla di persone non raggiungibili dai servizi sanitari pubblici e questo è un problema. Infatti se escludiamo fasce importanti di popolazione che vivono in Italia dalla possibilità di potersi vaccinare, da un lato esponiamo a maggior rischio la loro salute e dall’altro creiamo un rallentamento nel raggiungimento dell’immunità di comunità. Tale situazione – ha concluso l’Istituto – è stata segnalata al Ministero della Salute, che ha inviato una nota alle Regioni, ma la situazione resta al momento irrisolta».

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La disorganizzazione delle RSA a Roma: numeri e casi

Purtroppo, proprio lungo la pandemia abbiamo avuto modo di vedere la disorganizzazione soggiacente alle RSA; e purtroppo si è stati costretti ad assistere a scene di vero e proprio abbandono e di solitudine. In questo primo periodo post-pandemia, continuano i dissesti presenti nelle RSA. Carenza di personale nelle case di riposo, la Cisl Funzione Pubblica chiede l’inquadramento dei dipendenti delle Rsa nel contratto della Sanità pubblica, per evitare la fuga verso le strutture pubbliche.

“Da tempo – spiega Fabio Zuglian, segretario generale della Cisl Fp Belluno Treviso – segnaliamo che, una volta passata la criticità Covid, l’emergenza più grave sarebbe stata la carenza degli infermieri, in primis a causa di una sbagliata programmazione universitaria riguardo al fabbisogno di questo tipo di professionalità. La pandemia ha poi peggiorato la situazione, perché gli ospedali pubblici, con la campagna di assunzioni straordinarie, hanno assunto decine di infermieri delle Rsa, determinando un ulteriore impoverimento delle strutture del territorio, arrivando al punto che ad oggi ci sono diverse case di riposo costrette a lasciare vuoti i letti nonostante le richieste, perché non soddisfano più i parametri relativi al rapporto fra numero di infermieri e di ospiti necessario per garantire adeguata assistenza, standard per altro già sottostimato rispetto alle attuali esigenze di assistenza degli anziani”.

Il tutto a discapito della qualità dell’assistenza, ma anche della sostenibilità finanziaria delle strutture e della qualità del lavoro degli infermieri che operano nelle case di riposo, in fuga anche da carichi di lavoro sempre più pesanti, straordinari e doppi turni. “Cisl Fp – spiega Zuglian – sostiene che questa crisi dovrebbe essere una occasione per rivalutare l’assistenza infermieristica nelle case di riposo, che dovrebbe essere garantita dal sistema sanitario pubblico: siamo convinti che una soluzione sia che gli infermieri delle Rsa vengano assunti dal sistema sanitario regionale, con conseguente applicazione del contratto di Sanità pubblica, che garantisce maggiori tutele e migliori condizioni di lavoro: salario più alto, maggiori opportunità formative, migliore orario di lavoro”.

“Una soluzione – aggiunge il segretario generale della Cisl Fnp Pensionati Belluno Treviso Franco Marcuzzo – che potrebbe ovviare a un altro grave disagio vissuto dagli anziani ospiti delle Rsa: non solo il dramma del Covid, dell’isolamento, della separazione dai familiari, ma anche continui addii al personale sanitario che per l’ospite della casa di riposo rappresenta una vera e propria famiglia”. Disagio che si aggiunge alla ancora persistente difficoltà ad accedere alle Rsa per le visite. “La situazione varia da struttura a struttura – sottolinea il segretario della Fnp – ma non siamo ancora soddisfatti e va detto che la carenza di personale pesa anche sull’applicazione dell’ordinanza del ministro Speranza”.

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E se le RSA cominciano ad aver problemi di bilancio, per Marcuzzo non vanno dimenticate le difficoltà economiche delle famiglie, acutizzate dalla crisi Covid: “Parliamo ancora di rette troppo alte – afferma il Segretario generale dei Pensionati Cisl di Belluno Treviso – chiediamo l’aumento del numero delle impegnative di residenzialità rilasciate dalle Ulss per l’accesso agevolato alle strutture per una fascia di popolazione più ampio, ricordando che in casa di riposo ci si rivolge soprattutto nei casi di non-autosufficienza”.

In tanti altri casi, anche per questioni economiche, le famiglie si rivolgono alle badanti conviventi, badanti ad ore o badanti di condominio che, ancora oggi, sottolinea Marcuzzo “si collocano in un’area del mercato del lavoro che sembra interessare solo quando le assistenti non si trovano o devono andare in ferie”. Le richieste della Fnp sono precise, a partire dalla istituzione di un Albo delle badanti a cui attingere per essere certi della formazione e della professionalità delle assistenti.

“Oggi invece – spiega Marcuzzo – tutto è lasciato al libero mercato e se oggi si parla del problema delle ferie è perché non c’è una regolamentazione e affidiamo i nostri anziani a persone di cui si sa poco o niente”. Un fenomeno sui cui soffermarsi è ad esempio quello delle “dame di compagnia”: donne comunitarie provenienti da Paesi come Polonia, Slovacchia, Romania, organizzate da enti e società nei Paesi di origine che fanno ottenere loro permessi turistici di tre mesi per raggiungere l’Italia e lavorare come badanti. Dopo tre mesi, rientrano in patria e vengono sostituite da altre.

“È un lavoro non regolato – spiega il segretario dei Pensionati -, a basso costo per le famiglie, risultano ospiti ma in realtà prestano assistenza ad anziani, ai quali in questo modo viene anche a mancare la continuità affettiva. Il fenomeno è noto, ma purtroppo nessuno, a livello politico, si assume la responsabilità di valorizzare queste figure e tutelare le famiglie: una migliore qualità di questo tipo di lavoro è direttamente proporzionale ad una migliore assistenza per i nostri genitori”.

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