Arriva l’estate ed anche a Roma gli anziani cominciano a soffrire il caldo.
La temperatura corporea è costantemente controllata da un complesso meccanismo fisiologico di termoregolazione che ci permette di mantenere una temperatura basale compresa tra i 36° ed i 37° indipendentemente dalla temperatura dell’ambiente esterno.
Gli anziani possono andare facilmente incontro a disidratazione perché con l’avanzare dell’età il nostro organismo perde la sua capacità di conservare l’acqua. Inoltre il meccanismo fisiologico della sete viene alterato e questo rende gli anziani meno consapevoli del bisogno di bere.
A causa dell’alterazione della capacità di disperdere calore, della disidratazione e delle patologie croniche che influiscono con la termoregolazione, come il diabete e le malattie cardiovascolari, gli anziani sono maggiormente predisposti al colpo di calore.
Per evitare agli anziani spiacevoli disagi dovuti al caldo, ecco alcuni preziosi consigli:
Evitare di uscire di casa nelle ore più calde della giornata (dalle 11 alle 17)
Lasciare aperte le finestre durante la notte, per il ricambio d’aria e tenerle chiuse durante il giorno se si dispone di un condizionatore d’aria oppure mantenerle comunque aperte durante il giorno e chiudendo le tapparelle in modo da schermare il sole.
Rinfrescare l’ambiente in cui si soggiorna preferibilmente con un climatizzatore munito di umidificatore (temperatura ambientale di 25-27 °C) o con un ventilatore.
Indossare indumenti chiari di cotone o lino, leggeri e non aderenti.
Evitare le bevande alcoliche e quelle contenenti caffeina
Bere molta acqua, almeno due litri al giorno e mangiare frutta e verdura a volontà,
https://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2022/06/anziani-roma-vacanze-e-badanti.jpg6671000Aes Domiciliohttps://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/01/logo-aes-domicilio-roma.pngAes Domicilio2022-05-27 15:48:472022-06-11 16:32:43L’ Estate a Roma, Gli Anziani E Le Badanti
AES: Buongiorno e grazie per averci accolto. Ce lo dicono tutte, ma voi siete il vero pilastro della nostra ricerca informativa.
Estella: Ma meno male che qualcuno parla di noi.
AES: Vi sentite escluse?
Estella: Assolutamente sì.
AES: Eppure molte testate giornalistiche dedicano tanto all’argomento badanti…
Estella : E’ vero, ma lo fanno sempre in negativo…
AES: In che senso?
Estella: Nel senso che la parola badante appare sempre a fianco alla parola truffa, o circonvenzione d’incapace, o furto e rapina…
AES: E invece cosa vorresti leggere?
Estella: Ma vorrei leggere che ci sono tante badanti che dedicano la loro vita alla cura. Cioè: io non amo il mio lavoro, ma non per questo mi sento in diritto di poter commettere delle azioni così delittuose!
AES: usi un linguaggio molto “alto”… Dove hai studiato?
Estella: In Italia, a Roma. Ho fatto il Liceo Classico…
AES: Spiegaci meglio…
Estella: Ma perché: pensate che le badanti non abbiano studiato?
AES: No. Ma statisticamente, a noi ci è capitato che la maggior parte delle badanti non avesse un’istruzione anche perché proveniente da un altro paese.
Estella: Ah, ecco! Beh dobbiamo dire subito che non vengo da un altro paese.
AES: Eppure il tuo nome direbbe questo.
Estella: Mia madre e mio padre erano colombiani, e vennero in Italia negli anni ’80. Mio padre faceva il camionista. Ma io sono nata in Italia.
AES: E come sei capitata a fare la badante convivente?
Estella: Mio padre morì improvvisamente. E ci ritrovammo io, mia sorella più piccola e mia madre senza una lira e con l’affitto da pagare… quindi mi misi a lavorare. Ma i soldi non bastavano mai. E comincia a saltare le lezioni, ad andare fuoricorso, e ad aggiungersi anche le tasse universitarie in più per i fuoricorso… A quel punto non sapevo davvero che cosa fare…Decisi di fare la badante. Per un breve periodo. Per qualche mese. Ma il mese divenne anno, e l’anno divennero anni, e così sono 12 anni che svolgo questa mansione.
AES: Come ti sei trovata questa famiglia?
Estella: Attraverso un annuncio su internet…
AES: Da quanti anni svolgi questa professione?
Estella: Sinceramente, sono 12 anni. E sono in questa famiglia da 6.
AES: Sei pagata regolarmente o a nero?
Estella: A nero. Da sempre.
AES: Ma sai che sei davvero poco tutelata facendo cosi?
Estella: Lo so.
AES: Come vedi il tuo futuro?
Estella: Sinceramente non mi fa paura. Non avere una famiglia mia non mi dà alcun pensiero. Anzi…
AES: Ti piace la vita che conduci?
Estella: Molto.
AES: Grazie mille per questa chiacchierata!
https://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/09/badante-Roma-storie-Aes-Domicilio.jpg6671000Aes Domiciliohttps://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/01/logo-aes-domicilio-roma.pngAes Domicilio2022-04-04 14:30:222022-04-14 14:32:09Roma: intevista a Estella, non siamo solo badanti
Aes Domicilio affronta tutti i giorni una lotta contro il lavoro in nero, in particolare mettendo in guardia le famiglie sulle badanti che si offrono senza contratto, e anche alle badanti stesse, consigliando di accettare sempre un contratto in regola, con tutte le spettanze che si meritano.
Innanzitutto lavorando in nero si va incontro a una serie di conseguenze di carattere amministrativo, cioè di sanzioni che non rientrano nel penale. Tuttavia, gli importi da pagare come multa se si dovesse scoprire una badante convivente in nero, possono essere particolarmente elevati e questi si applicano sia ai casi in cui il datore di lavoro è un’azienda che a quelli in cui è una semplice persona fisica.
Se la badante è una cittadina italiana o straniera regolare, i rischi per il datore di lavoro si limitano solo al campo amministrativo per quanto riguarda i rapporti con lo Stato. Aes Domicilio da indicazione di quali sono le sanzioni:
se la bandate ha svolto attività in nero per non oltre 30 giorni, c’è una sanzione da un minimo 1.800 euro a un massimo 10.800 euro;
se la bandate ha svolto attività in nero per non oltre 60 giorni, la sanzione parte da un minimo di 3.600 euro e arriva ad un massimo di 21.600 euro;
se la badante ha svolto lavoro in nero per oltre 60 giorni, la sanzione oscilla tra un minimo di 7.200 euro e un massimo di 43.200.
Come associazione che si preoccupa della selezione delle badanti, ha a cuore il buon esito del servizio ed è attenta alle famiglie, proponendo sempre contratti in regola, quindi Aes Domicilio pone quindi una domanda: hai una badante che si prende cura di un familiare ma non hai potuto assumerla, e quindi la tieni “in nero”, non pagandole i contributi? Attenzione perché non si sa che, sebbene si paghi uno stipendio alla badante in nero, questo è sfruttamento e che che la badante dopo un po’ di tempo ti può fare causae chiedere un risarcimento per le somme non percepite.
Quando la badante fa causa al datore di lavoro, il giudice si esprime sempre positivamente nei confronti della badante, in quanto assumere una persona in nero è irregolare e punito dalla legge. I problemi però non sorgono solo per il mancato pagamento dei contributi e l’iscrizione all’Inps.
Assumere una badante in nero comporta anche il pagamento di tutte le somme non retribuite, naturalmente di spettanze della badante: 13esima, tfr, contributi, festività, ecc.
Alcune famiglie pensano che le badanti che lavorano a nero non dispongano della cifra necessaria per poter affrontare una causa legale. La verità è che per la badante è sufficiente recarsi a qualsiasi sindacato per poter avviare un dialogo con un avvocato specializzato nel settore che valuterà quanto si potrà richiedere e andrà ad introdurre un giudizio per ottenere l’importo massimo da richiedere sulla base delle violazioni che ha constatato.
Assumere direttamente vuol dire farsi carico di tutti i doveri del datore di lavoro, tra cui dedicare del tempo per:
seguire la parte contabile e retributiva;
gestire orario di lavoro e segnare straordinari;
accantonare TFR e gestire pratiche di chiusura;
supervisionare attivamente l’operato del badante.
Ecco quindi il perché entra in gioco la Aes Domicilio, perché è un’associazione che si prende in carico la famiglia, seleziona il personale preparato e offre un sostegno tutto in regola.
https://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/09/badante-covivente-denuncia-datore-di-lavoro-Roma.jpg6691000Aes Domiciliohttps://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/01/logo-aes-domicilio-roma.pngAes Domicilio2021-11-05 16:22:272021-11-02 16:23:56Il nero, la famiglia e la badante a Roma
Badanti a Roma e il rimborso del Canone della RAI.
Ancora pochi giorni per richiedere l’esenzione del canone Rai anceh per gli anziani di Roma. Vediamo quali sono i requisiti necessari e quando è fissata la scadenza per la domanda.
Generalmente, il canone Rai ammonta a 90 euro annui e viene messo direttamente in bolletta. Generalmente, la scadenza per inoltrare la domanda di esonero dal pagamento del canone Rai è fissata al 31 luglio. Ma quest’anno, causa la sospensione di Ferragosto delle scadenze fiscali il termine è fissato al prossimo 20 agosto.
Tuttavia, possono richiedere l’esenzione del canone Rai solo determinate categorie. I requisiti per fare domanda sono i seguenti: aver compiuto 75 anni di età entro il 31 luglio; avere un reddito annuo che non superi gli 8mila euro, risultato della somma tra il reddito della persona che avanza richiesta e il reddito del coniuge; non essere conviventi con soggetti titolari di reddito proprio (ma fanno eccezione colf, badanti e altri collaboratori domestici); essere in possesso di una televisione o più televisori nell’abitazione nella quale è fissata la residenza; nel caso di un’abitazione che non è la stessa in cui si è fissata la residenza, non è possibile accedere all’esenzione dal pagamento del canone Rai.
Come ottenere l’esonero per gli anziani e le badanti di Roma
Per ottenere l’esonero dal pagamento dei 90 euro dell’abbonamento televisivo, gli over 75 devono rispettano i seguenti termini:
il 30 aprile per richiedere l’esonero totale (per coloro che hanno compiuto 75 anni entro il 31 gennaio);
il 31 luglio, ovvero il 20 agosto, per richiedere l’esonero parziale (per i contribuenti che hanno compiuto gli anni da febbraio a luglio).
L’Agenzia delle Entrate collega l’intestazione di un’utenza elettrica al possesso di almeno un televisore, anche se non sempre è così. I contribuenti che non possiedono alcun televisore in casa, quindi, possono richiedere la disdetta del canone ed evitare il pagamento. Diversa è la situazione di una famiglia che possiede il televisore, ma non sfrutta i canali in chiaro: la tassa si applica a prescindere, essendo collegata al possesso dell’apparecchio. Per vedersi cancellati dalla lista dell’Agenzia delle Entrate, i contribuenti che non possiedono alcun televisore possono compilare l’apposito modulo nel quale dichiarano di essere titolari di un’utenza elettrica senza possedere apparecchi televisivi. In tal modo è possibile ottenere l’esonero dal pagamento dei 90 euro annui. In questi casi, però, la dichiarazione di non possesso di un televisore va presentata ogni anno fino a quando la situazione non cambia e le scadenze da considerare sono diverse. Chi risponde a tutti i requisiti accede alla cancellazione della metà del totale del canone annuo. Se invece si sono compiuti 75 anni d’età entro il primo gennaio di quest’anno, l’esenzione dal pagamento del canone è del 100%, (ma la scadenza è già trascorsa lo scorso 20 aprile 2021).
https://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/08/badanti-rimborso-canone-RAI.jpg6621000Aes Domiciliohttps://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/01/logo-aes-domicilio-roma.pngAes Domicilio2021-08-16 16:09:302021-08-31 16:11:29Badanti Roma: il Rimborso Canone Rai
È possibile incontrare decine delle testimonianze simili a quelle di seguito: «Mi vergogno. Ogni volta che la mia collaboratrice familiare mi chiede notizie, io non so cosa dirle. Aspettiamo. Da quasi un anno». La voce è quella di uno/a dei tanti datori di lavoro che ha usufruito della sanatoria per mettere in regola cittadini stranieri senza permesso di soggiorno impiegati in nero. La data in cui ha presentato la domanda per la sua collaboratrice familiare lo scorso anno ce l’ha appuntata: 8 agosto 2020. All’8 luglio di quest’anno, non ha ricevuto ancora il permesso di soggiorno che ne sanerebbe la posizione. Non è l’unica.
Nel giugno 2020 il Governo Conte approva un provvedimento di emersione e regolarizzazione dei lavoratori in nero impiegati in agricoltura, allevamento, assistenza agli anziani e cura della casa. Se i lavoratori in nero sono migranti irregolari ottengono, oltre al contratto, anche un permesso di soggiorno. Complessivamente vengono depositate circa 220mila domande. In larghissima parte sono di cittadini stranieri, riguardano colf e «badanti» (l’85 per cento del totale) e sono presentate dai datori di lavoro (un’altra opzione riguardava migranti irregolari disoccupati, ma è stata poco usata, con sole 13mila domande).
Secondo un monitoraggio della campagna «Ero straniero – L’umanità che fa bene», al primo giugno di quest’anno «solo 11mila delle 220mila persone che hanno fatto richiesta hanno in mano un permesso di soggiorno per lavoro, mentre circa 20mila sono in via di rilascio». Il rapporto, realizzato da una coalizione della società civile per la riforma della legge sull’immigrazione, è stato compilato sulla base dei dati raccolti da Ministero dell’Interno, prefetture e questure. Evidenzia una situazione critica soprattutto nelle grandi città.
Questa attesa di mesi e mesi lascia le persone in un limbo pieno di incertezza e difficoltà, non ultime quelle legate alla pandemia. Per quanto riguarda la copertura sanitaria di queste persone il Ministero della Salute, nel luglio dello scorso anno, aveva in effetti emanato un’apposita circolare. E in essa spiegava che i cittadini stranieri «in emersione» hanno non solo il diritto, ma proprio l’obbligo d’iscriversi al sistema sanitario nazionale dalla data di presentazione della domanda di emersione o del permesso temporaneo. Eppure questo, troppo spesso, non è avvenuto e non avviene.
Molte strutture sanitarie rifiutano l’iscrizione in mancanza della dimostrazione dell’avvenuto versamento dei contributi da parte del datore di lavoro. Questo mix di ritardi amministrativi e incomprensioni burocratiche ha impedito a molti di questi lavoratori di vaccinarsi, creando rischi per la salute loro e delle persone di cui si occupano, a maggior ragione se anziane. Un paradosso al quale si sta provando a porre rimedio. I ritardi nell’esaminare le pratiche, secondo le prefetture, sarebbero dovuti alla mancata assunzione di personale aggiuntivo. La norma sulla sanatoria lo prevedeva, poiché la regolarizzazione avrebbe causato un logico aumento del lavoro, ma per mesi non ve ne è stata traccia.
https://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/07/sanatoria-badanti-roma-lavoro-nero.jpg6671000Aes Domiciliohttps://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/01/logo-aes-domicilio-roma.pngAes Domicilio2021-07-22 15:21:552021-07-23 15:24:20La sanatoria delle badanti a Roma: un mezzo flop del governo
Noi di AES DOMICILIO ci occupiamo oramai da anni delle questioni riguardanti non solo le famiglie, ma anche il mondo delle badanti; e ci teniamo a che siano informate sui loro diritti quanto sui loro doveri. È una delle principali campagne mediatiche quelle di abbattere il lavoro nero, ma soprattutto di diffondere informazioni chiare, corrette, e soprattutto aggiornate sul mondo del lavoro (avvalendoci, come in questo caso, di fonti autorevoli come Noemi Secci de ‘laleggepertutti’), ed in particolar modo sul mondo delle badanti. Uno dei temi caldi è quello riguardanti le vertenze.
Innanzitutto, va detto che il rapporto di lavoro domestico costituisce una tipologia di rapporto di lavoro subordinato e, come tale, anche se con alcune importanti semplificazioni, è assoggettato alla stessa disciplina generale valida per il lavoro dipendente, oltreché alla legge sulla tutela del lavoro domestico ed al contratto collettivo di settore. La badante convivente, in particolare, o assistente familiare, è una lavoratrice che svolge mansioni di assistenza alla persona ed è normalmente qualificata come collaboratrice domestica, qualora svolga le proprie mansioni esclusivamente per le necessità della vita familiare del datore di lavoro.
Con il termine “vertenza di lavoro” si è soliti definire, impropriamente, la conciliazione in sede sindacale. In realtà, il termine “vertenza di lavoro” indica in modo generico un contenzioso in materia di lavoro, ossia tra lavoratore e datore, o committente. In sostanza, il lavoratore apre una contestazione nei confronti del datore di lavoro innanzi a un sindacato (o a un diverso organismo competente): il contenzioso se risolve se, a seguito dell’incontro tra le parti, si trova un accordo. Se non si perviene ad un compromesso, il lavoratore può decidere di rivolgersi in seguito all’autorità giudiziaria.
Prescrizione della retribuzione
Se la badante si ritrova con degli stipendi o, comunque con parte delle voci retributive (Tfr, rateo tredicesima, ferie non godute…) non pagati, non ha tempo illimitato per richiederli, in quanto i crediti retributivi sono soggetti a prescrizione.
Poiché in costanza di rapporto, normalmente, i lavoratori hanno timore di richiedere le proprie spettanze, normalmente i termini per la prescrizione dei crediti retributivi decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavorativo.
La prescrizione, comunque, si interrompe ed i termini decorrono nuovamente per effetto di qualsiasi atto scritto che evidenzi la richiesta di corrispondere il credito, o nel caso in cui il datore di lavoro riconosca il credito stesso.
Ad esempio, rientrano tra le cause di interruzione dei termini per la prescrizione:
la notifica dell’atto di citazione in giudizio;
la ricezione di ogni altro atto di richiesta del credito, quindi che metta in mora il debitore, cioè il datore di lavoro.
Denunciare il lavoro nero
Se la badante non è stata assunta regolarmente ha 5 anni di tempo, da quando ha cessato l’attività, per denunciare il datore di lavoro. Il termine non cambia se la cessazione è avvenuta per dimissioni volontarie e non per licenziamento. La diffida inviata entro 5 anni al datore di lavoro interrompe la prescrizione e fa decorrere nuovamente il termine. In pratica, il termine per avviare la vertenza di lavoro può risultare anche superiore a 5 anni se, prima che si verifichi la prescrizione quinquennale, viene inoltrata una raccomandata con ricevuta di ritorno dalla badante, per rivendicare i propri diritti. Si noti che, in merito al lavoro nero, recentemente è stato chiarito che il datore di lavoro è sanzionato, ma non è soggetto alla cosiddetta maxisanzione.
Chiedere gli arretrati
Per chiedere stipendi, differenze retributive o ratei arretrati la badante ha 5 anni di tempo che decorrono, anche in questo caso, dalla cessazione del rapporto. Si ricorda, a questo proposito, che mentre per la generalità dei lavoratori subordinati lo stipendio deve essere pagato con strumenti tracciabili, quest’obbligo non sussiste per i lavoratori domestici, che possono essere pagati in contanti.
È allora indispensabile che il datore di lavoro dimostri l’avvenuto pagamento, ad esempio chiedendo alla badante di sottoscrivere una ricevuta dei compensi erogati: in caso contrario, la lavoratrice ha il diritto di chiedere il dovuto.
Chiedere gli arretrati e i contributi INPS
La liquidazione, o Tfr, ossia il trattamento di fine rapporto, fa parte della retribuzione differita della badante e di tutti i lavoratori dipendenti in generale. In buona sostanza, si tratta di una spettanza (pari al totale della retribuzione utile annua diviso 13,5) che matura tutti i mesi, nella misura di 1/12, ma viene erogata solo alla fine del rapporto. Badanti e colf conviventi o colf ad ore hanno la facoltà, a differenza di quanto avviene per la generalità dei lavoratori subordinati, di domandare un’anticipazione del 70% della liquidazione, annualmente. Ad ogni modo, cessato il rapporto di lavoro, la badante ha 5 anni di tempo per chiedere il Tfr. La badante in nero o, in generale, la badante che si accorga che la contribuzione Inps non è stata accreditata, può richiedere al datore di lavoro il versamento dei contributi previdenziali.
Bisogna ricordare, a questo proposito, che i contributi si prescrivono in 5 anni; il termine di prescrizione diventa pari a 10 anni solo nel caso in cui il lavoratore abbia presentato formale denuncia di omessa contribuzione all’Inps.
Attraverso la costituzione della rendita vitalizia, comunque, è possibile recuperare i contributi omessi e prescritti.
https://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/07/aes-domicilio-roma-contratto-badante-ricorso.jpg6671000Aes Domiciliohttps://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/01/logo-aes-domicilio-roma.pngAes Domicilio2021-07-07 11:57:322021-07-13 12:02:38La badante a Roma: alcune indicazioni sui tempi per fare ricorso
Quando si assume un lavoratore in nero, ossia senza regolarizzarlo, si va incontro a una serie di conseguenze di carattere amministrativo. Si parla cioè di sanzioni che non rientrano nel penale. Tuttavia, gli importi possono essere particolarmente elevati e questi si applicano sia ai casi in cui il datore di lavoro è un’azienda che a quelli in cui è una semplice persona fisica. Ecco perché, alla luce del fatto che il lavoro domestico è quello dove più spesso si verificano illeciti di tale tipo, è bene sapere cosa si rischia ad assumere una badante convivente, badante ad ore o badante di condominio in nero. Gli stessi rischi che riguardano il caso dell’assunzione irregolare di una colf ad ore o colf convivente, di un giardiniere, di una babysitter o di qualsiasi altro soggetto che, con regolarità, svolge un’attività lavorativa alle dipendenze altrui.
Badante in nero: i rischi con lo Stato
Se la badante Roma è una cittadina italiana o straniera regolare, i rischi per il datore di lavoro si limitano solo al campo amministrativo per quanto riguarda i rapporti con lo Stato. In particolare:
se la bandate ha svolto attività in nero per non oltre 30 giorni, c’è una sanzione da un minimo 1.800 euro a un massimo 10.800 euro;
se la bandate ha svolto attività in nero per non oltre 60 giorni, la sanzione parte da un minimo di 3.600 euro e arriva ad un massimo di 21.600 euro;
se la badante ha svolto lavoro in nero per oltre 60 giorni, la sanzione oscilla tra un minimo di 7.200 euro e un massimo di 43.200.
Badante in nero: i rischi con la lavoratrice
Non meno gravi sono i rischi che si corrono nei confronti della lavoratrice. Quest’ultima infatti potrebbe avviare una vertenza di lavoro e chiedere:
tutti gli stipendi maturati durante il rapporto di lavoro, il cui pagamento il datore non è in grado di dimostrare con modalità tracciabili. Il che significa che se la bandate è stata sempre pagata in contanti, quest’ultima potrà chiedere tutte le mensilità dal primo giorno di assunzione fino all’ultimo, fingendo di non aver ricevuto nulla. È possibile far valere tale diritto fino a cinque anni dopo la cessazione del rapporto di lavoro;
le differenze retributive: ciò succede quando il datore di lavoro è in grado di dimostrare l’avvenuto pagamento delle mensilità ma queste sono di importo inferiore rispetto a quanto stabilito dal contratto collettivo nazionale. Anche in questo caso, il termine di prescrizione è di cinque anni decorrenti dalla cessazione del rapporto lavorativo;
i contributi previdenziali: per ogni mese di retribuzione, sono dovuti anche i contributi previdenziali non versati dal datore di lavoro all’Inps;
il Tfr ossia il trattamento di fine rapporto che spetta nella misura di una mensilità di stipendio per ogni anno lavorato;
le ferie e i permessi non goduti;
l’indennità di preavviso per la cessazione in tronco del rapporto di lavoro.
Badante in nero: i rischi della badante
Con l’entrata in vigore del Jobs Act e con la riforma dell’indennità di disoccupazione, attuata con l’introduzione della Naspi sono state, infatti, inasprite le conseguenze sanzionatorie per lavoro irregolare per le quali si prevede l’applicazione non solo al datore di lavoro ma anche al lavoratore che lavora in nero.
Come noto, chi impiega lavoratori in maniera irregolare rischia di ricevere sanzioni fino ad un massimo di 36.000 euro.
Il lavoro nero, a seguito della riforma operata dal Jobs Act, è ormai un reato anche per il dipendente che rischia di ricevere una sanzione che può arrivare sino alla reclusione per un periodo massimo di 2 anni. In particolare, il rischio che corre il lavoratore in nero si materializza quando questi dichiara di essere privo di una occupazione al fine di percepire un beneficio economico pubblico. Infatti, la pena detentiva della reclusione fino a 2 anni è prevista per quel lavoratore che dichiara di essere disoccupato mentre, in realtà, lavora in nero e percepisce un reddito non dichiarato al Fisco nè all’Inps.
La situazione del lavoratore si complica se, oltre ad aver falsamente dichiarato di non avere un lavoro, riceve effettivamente la Naspi, ossia, l’attuale indennità di disoccupazione. In tal caso, infatti, si configura, a carico del lavoratore, il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, che è punibile con la reclusione da tre mesi a tre anni.
Inoltre, in casi come questo, al lavoratore viene applicata una sanzione amministrativa proporzionale alle somme percepite indebitamente dallo Stato.
Infine, il lavoratore che lavora in nero e prende la disoccupazione decade dal diritto a tale prestazione sociale e può essere chiamato in giudizio dall’ente erogatore per risarcire il danno.
https://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/04/sanzioni-assunzione-bandante-in-nero-roma.jpg6671000Aes Domiciliohttps://www.badanteromaaes.it/wp-content/uploads/2021/01/logo-aes-domicilio-roma.pngAes Domicilio2021-04-02 09:56:382021-04-13 10:04:54Nuovi rischi e nuove sanzioni per chi assume una badante in nero a Roma
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